Nel mondo dell’editoria, l’euforia di vedere il proprio libro pubblicato può trasformarsi rapidamente in un’amara realtà per molti scrittori emergenti. Troppo spesso, gli autori che si affacciano al panorama letterario si trovano a confrontarsi con pratiche che, sotto una patina di legittimità, nascondono uno sfruttamento sistematico da parte degli editori.
Il modello di sfruttamento
Un sistema molto diffuso nell’editoria è quello che vede gli editori offrire agli scrittori emergenti la possibilità di pubblicare il loro manoscritto, ma a condizioni fortemente sbilanciate. L’autore riceve una bassa percentuale sulle vendite dei libri, spesso inferiore al 10%, mentre l’editore trattiene la quota maggioritaria. Tuttavia, il vero nodo del problema risiede nell’obbligo, implicito o esplicito, per l’autore di acquistare un certo numero di copie del proprio libro.
In pratica, l’editore si garantisce un cliente sicuro: l’autore stesso. Poco importa la qualità del manoscritto o il suo potenziale commerciale; il meccanismo funziona indipendentemente dal successo del libro sul mercato. L’autore, spinto dall’entusiasmo di vedere il proprio lavoro stampato, accetta di pagare per avere tra le mani quelle copie che, poi, dovrà impegnarsi a vendere personalmente.
Una falsa illusione di successo
Per l’autore emergente, questa situazione rappresenta una trappola emotiva. L’idea di essere finalmente pubblicato, di vedere il proprio nome su una copertina, può offuscare il giudizio e spingerlo ad accettare condizioni svantaggiose. Tuttavia, il sogno di successo si trasforma presto in un onere economico e psicologico.
Nonostante l’editore lasci intendere che ci sia una possibilità di successo commerciale, la realtà è ben diversa. Spesso l’editore non ha alcun incentivo reale a promuovere attivamente il libro, avendo già ottenuto un guadagno garantito grazie all’acquisto iniziale delle copie da parte dell’autore. Alla fine, lo scrittore si ritrova a fare il lavoro di promozione, vendendo un libro che tecnicamente non è nemmeno suo: i diritti maggioritari appartengono infatti all’editore.
Chi possiede davvero il libro?
Uno degli aspetti più frustranti di questa dinamica è l’illusione di proprietà. Sebbene il manoscritto sia stato creato dall’autore, il libro pubblicato appartiene di fatto all’editore, che detiene la percentuale più alta dei ricavi. Questo rende lo scrittore poco più di un venditore freelance del proprio lavoro, senza una reale autonomia o un equo riconoscimento economico.
Come proteggersi da queste pratiche
Gli scrittori emergenti devono essere consapevoli delle dinamiche che regolano il settore editoriale e valutare attentamente le condizioni contrattuali proposte dagli editori. Ecco alcuni consigli utili:
- Leggere attentamente i contratti: Non lasciarsi trasportare dall’entusiasmo e analizzare con attenzione ogni clausola.
- Verificare la trasparenza dell’editore: Evitare editori che richiedano l’acquisto di copie come condizione per la pubblicazione.
- Considerare l’auto-pubblicazione: Esplorare alternative come l’auto-pubblicazione, che offre maggiore controllo creativo e finanziario.
- Connettersi con altri autori: Unirsi a comunità di scrittori per condividere esperienze e ottenere consigli.
Conclusione
Lo sfruttamento degli scrittori emergenti è una delle tante ingiustizie che meritano di essere portate alla luce. L’industria editoriale dovrebbe essere un luogo di valorizzazione del talento, non un sistema che si alimenta dell’entusiasmo e dell’ingenuità di chi sogna di raccontare una storia.
QM ITALIA è al fianco di tutti coloro che hanno vissuto queste esperienze. Se hai una storia simile da condividere, contattaci: vogliamo dar voce a chi troppo spesso viene silenziato. Insieme, possiamo denunciare queste pratiche e lavorare per un’editoria più giusta e rispettosa del talento creativo.